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Psicologia Infantile: 4 news
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I principi dell'educazione di Maria Montessori
Non trattate i bambini come fantocci: dategli fiducia e lasciategli eseguire anche i compiti che vi sembrano fuori dalla loro portata. Fateli stare a contatto con la natura e a prendersi cura di piante e animali. Puntate sui loro talenti e non continuata a evidenziarne i difetti. Sono stati scritti più di 100 anni fa ma sono ancora validissimi: ecco i principi dell'educazione di Maria Montessori, capostipite della pedagogogia moderna che tutto il mondo ci invidia

Maria Montessori ( 1870-1952) pubblica nel 1909 un testo che rimarrà alla base della pedagogia moderna: "Il metodo della pedagogia scientifica applicato all'educazione infantile nelle Case dei Bambini". Il metodo montessoriano mette al centro il rispetto per la spontaneità del bambino ed è il primo a offrire un'alternativa all'educazione autoritaria dell'epoca.

"Il piccolo" scrive la Montessori, "rivela se stesso solo quando è lasciato libero di esprimersi, non quando viene coartato da qualche schema educativo o da una disciplina puramente esteriore".

Solo in questo modo il bambino impara ad autoregolarsi. Infatti secondo la Montessori il bambino per sua natura è serio, disciplinato e amante dell'ordine e messo a contatto con i materiali pedagogici adatti e guidato da un educatore "umile" e discreto è in grado di autoeducarsi e di dispiegare le sue potenzialità e andare a formare "un'umanità libera e affratellata".

Ecco i principi fondamentali del metodo montessoriano sull'educazione del bambino, tratti dal libro "Educare alla libertà" di Maria Montessori.

1) Educare il bambino all'indipendenza
Servire i bambini significa soffocare le loro capacità. Quindi compito dei genitori e degli educatori è aiutarli a compiere da soli le loro conquiste come imparare a camminare, a correre, a lavarsi.
"La madre che imbocca il bambino senza compiere lo sforzo per insegnargli a tenere il cucchiaio, non lo sta educando, lo tratta come un fantoccio. Insegnare a mangiare, a lavarsi, a vestirsi è un lavoro ben più difficile che imboccarlo, lavarlo e vestirlo."

2) Mai impedire a un bambino di fare qualcosa perché è troppo piccolo
Non bisogna giudicare la capacità dei bambini in base all'età e non lasciargli fare qualcosa perché troppo piccoli.
Bisogna dimostrare fiducia e lasciargli svolgere i compiti più facili. Ad esempio un bambino di due anni potrà mettere il pane in tavola, mentre quello di quattro portare i piatti. I bambini sono soddisfatti quando hanno dato il massimo di cui sono capaci e non si vedono esclusi dalla possibilità di esercitarsi.

3) Abituare un bambino a fare con precisione è un ottimo esercizio per sviluppare l'armonia del corpo
I bambini sono naturalmente attratti dai particolari e dal compiere con esattezza determinati atti. Ad esempio, lavarsi le mani diventa per loro un gesto più interessante se gli si insegna che poi devono rimettere il sapone nel posto giusto; oppure versare l'acqua è più divertente se gli si dice di stare attenti a non toccare il bicchiere...

4) L'educatore montessoriano deve essere un angelo custode che osserva e non interviene quasi mai
"Il maestro deve ridurre al minimo il proprio intervento. Non è un insegnante che sale in cattedra e dispensa dall'alto il suo sapere, ma deve essere un angelo custode, deve vigilare affinché il bambino non sia intralciato nella sua libera attività. Deve osservare molto e parlare poco."
L'insegnante deve rispettare il bambino che fa un errore, e indirizzarlo a correggersi da solo. Chiaramente l'educatore deve intervenire in modo fermo e deciso quando il bambino fa qualcosa di pericoloso per sé e per gli altri.

5) Mai forzare un bambino a fare qualcosa
Bisogna rispettare il bambino che si vuole riposare da un'attività e si limita a guardare gli altri bambini lavorare. L'educatore non deve forzarlo.

6) Educare al contatto con la natura
Far vivere il più possibile il bambino a contatto con la natura. Perché il sentimento della natura cresce con l'esercizio. Un bambino lasciato in mezzo alla natura tira fuori delle energie muscolari superiori a quello che i genitori pensano.
"Se fate una passeggiata in montagna non prendete il piccolo in braccio, ma lasciatelo libero, mettetevi voi al suo passo, aspettate con pazienza che raccolga un fiore, che osservi un uccellino..."

7) Innaffiare le piante e prendersi cura degli animali abitua alla previdenza
Educate il bambino a prendersi cura degli esseri viventi. Le cure premurose verso piante e animali sono la soddisfazione di uno degli istinti più vivi dell'anima infantile.
"Nessuna cosa è più capace di questa di risvegliare un atteggiamento di previdenza nel piccolo che è abituato a vivere senza pensare al domani. Ma quando sa che gli animali hanno bisogno di lui e che le pianticelle si seccano se non le innaffia, il suo amore va collegando l'atto di oggi con il rinascere del giorno seguente."

8) Sviluppare i talenti e mai parlar male di un bambino
L'educatore deve concentrarsi sul rafforzare e sviluppare ciò che c'è di positivo nel bambino, i suoi pregi e i suoi talenti, in modo che la presenza delle sue capacità possa lasciare sempre meno spazio ai difetti. E mai parlare male del bambino in sua presenza o assenza.

9) L'ambiente scolastico deve essere a misura di bambino
La scuola deve essere un ambiente accogliente e familiare in cui tutti i mobili e gli oggetti (sedie, tavoli, lavandini...) siano modellati sulle misure ed esigenze dei piccoli. I materiali didattici devono essere appositamente studiati, ad esempio: oggetti da montare, incastri, cartoncini... che favoriscono lo sviluppo intellettuale del bambino e permettono l'autocorrezione dell'errore, cioè il bambino capisce subito se un incastro è sbagliato e sarà portato a cercare l'incastro corretto.
Un bambino posto in un ambiente idoneo a contatto con i materiali giusti e sotto la guida di un insegnante attento e discreto potrà sperimentare e affinare le sue immense potenzialità.

10) I bambini sono i viaggiatori della vita e noi adulti i suoi ciceroni
"Il bambino è come un viaggiatore che osserva le cose nuove e cerca di capire il linguaggio sconosciuto di chi lo circonda. Noi adulti siamo i ciceroni di questi viaggiatori che fanno il loro ingresso nella vita umana..."
Ciceroni che illustrano brevemente l'opera d'arte e conducono il viaggiatore a osservare le cose più belle affinché non perda tempo in cose inutili e trovi godimento e soddisfazione in tutto il suo viaggio!
Autismo infantile, 10 cose da sapere
di Valentina D'Andrea
Il termine autismo è entrato nel vocabolario comune e spesso viene usato impropriamente per definire bambini con comportamenti giudicati anomali, per esempio la tendenza a isolarsi o difficoltà a interagire con il mondo che li circonda. Possono anche essere segnali di autismo ma spesso non c'entrano nulla. Il neuropsichiatra infantile Leonardo Zoccante fa chiarezza su questo disturbo

L'autismo è una condizione inscritta in quello che oggi viene definito “spettro autistico”, che comprende anche la sindrome di Asperger e il mutismo selettivo, secondo la nuova, quinta, edizione del Diagnostic and statistical manual of mental disorders (Dsm V), il manuale di riferimento per tutti i disturbi riguardanti la sfera della salute mentale.

Ecco cosa è utile sapere per non giungere a conclusioni affrettate quando il bambino assume atteggiamenti che possono essere giudicati anomali o, al contrario, per non trascurare segnali che potrebbero, invece, essere campanelli d’allarme che sarebbe opportuno ascoltare il prima possibile.

1) Più che di autismo meglio parlare di disturbi dello spettro autistico
In passato lo si riteneva lo stadio infantile della psicosi, mentre oggi si sa che l’autismo è un cosiddetto “disturbo neurobiologico”, con caratteristiche proprie e un andamento stabile, che in qualche caso può tendere al miglioramento con il passare del tempo.
Poiché l’autismo può esprimersi a vari livelli di gravità è considerato più corretto parlare di “spettro autistico”, secondo la nuova, quinta, edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Dsm V), il manuale di riferimento per tutti i disturbi riguardanti la sfera della salute mentale.
La definizione 'spettro autistico' sottintende proprio la possibilità che vi siano forme più o meno severe.

2) I possibili sintomi dell'autismo
L’autismo è caratterizzato dall’incapacità di interagire con il mondo esterno. Si manifesta con chiusura nei confronti degli altri, mancato apprendimento del linguaggio (50% dei casi) o, inappropriato utilizzo della comunicazione verbale.
Si associano tendenza a isolarsi, ripetitività di particolari comportamenti (per esempio, dondolare con il corpo), incapacità di capire le espressioni e gli atteggiamenti che caratterizzano la normale vita sociale e affettiva (per esempio, abbracci e sorrisi).
I sintomi non sono uguali per tutti e variano anche a seconda della gravità del disturbo.

3) L'autismo non è in forte aumento ma ci sono più diagnosi
Negli ultimi anni tra la gente comune si è fatta strada l’idea che l’autismo sia in forte aumento. In realtà non è sicuro che sia proprio così: è possibile, infatti, che il numero di casi registrati, superiore rispetto al passato, sia dovuto a una maggiore conoscenza della malattia da cui derivano più possibilità di diagnosticarla. Attualmente si stima che il disturbo dello spettro autistico colpisca 4-6 bambini ogni mille nati. La prevalenza è nei maschi, in un rapporto 4 a 1. Dati precisi riferiti al passato non ce ne sono.

4) La prima diagnosi può essere fatta tra i due e i tre anni di vita
E’ intorno ai due anni-due anni e mezzo di età che si può porre diagnosi di autismo con sicurezza, anche se alcuni segnali si possono cogliere precocemente (vedi punto successivo). Di certo il disturbo non può comparire all’improvviso dopo i tre anni di età, se prima di quest’epoca non vi è stata alcuna avvisaglia.
La diagnosi spetta al neuropsichatra infantile, a cui in genere i genitori vengono indirizzati dal pediatra di base, che di solito è il primo a rilevare l’esistenza di un problema, anche grazie a quanto racconta la mamma.

5) Inutile azzardare diagnosi fai-da-te. Meglio rivolgersi a uno specialista (e poi chiedere un secondo parere)
A sei-otto mesi di vita possono evidenziarsi i primi segni di autismo, anche se per azzardare un’ipotesi oltre che aspettare che il bambino diventi più grandicello, ci vuole estrema cautela e, soprattutto, l’irrinunciabile supporto di uno specialista.
Ecco quali segnali possono suggerire il problema: il bambino non tende le manine verso la mamma per essere preso in braccio; non manifesta reazioni particolari quando la mamma compare; reagisce poco ai suoni; ha un pianto difficile da interpretare; è molto irritabile.
E’ però possibile che fino agli 8-16 mesi di vita (circa) il bambino abbia comportamenti quasi normali e che il disturbo cominci a manifestarsi vistosamente dopo questa epoca: in una simile eventualità si parla di “caduta delle competenze”.

6) I possibili segnali di indifferenza verso la mamma e alcuni giochi
Tra i 12 e i 24 mesi si dimostra del tutto indifferente nei confronti della madre: non piange quando lei si allontana, non le sorride quando si avvicina. Non manifesta interesse nei confronti di giochi come il “nascondino del viso” (“bau – sette), non appare divertito se gli si cantano canzoncine. Quando guarda un oggetto per afferrarlo non cerca con lo sguardo la collaborazione della mamma per riuscire nell’intento.
Inoltre non cerca di coinvolgerla nei giochi o quando osserva le figure di un libro.
Può non pronunciare alcun monosillabo (“ma”; “ba”; “pa”). Non comprende i divieti (“Non fare questo!”); non ubbidisce a semplici ordini (“Prendi la palla!”); non reagisce alle lodi; non esprime emozioni appropriate alle specifiche circostanze.

7) La chiusura del canale comunicativo
Dai 24 mesi in avanti diventa assolutamente inequivocabile che tutti i sistemi di comunicazione, verbale e non, sono alterati: si parla di “chiusura del canale comunicativo”. In particolare, il bambino non interagisce in alcun modo con le persone che lo circondano (non sorride, non guarda negli occhi, non dimostra gioia, sorpresa, curiosità).
Tende a non comprendere neppure uno tra i più semplici codici di comunicazione; è insofferente verso il contatto fisico; non ha mai alcun moto affettuoso; non è attratto dalla compagnia di altri bambini; può avere crisi di paura ingiustificata; è più a suo agio quando è da solo. Può non aver acquisito alcuna forma di linguaggio oppure può usare in modo ripetitivo solo poche parole o frasi.

8) Le cause dell'autismo non sono ancora del tutto chiare
Per quanto riguarda le cause non sono ancora del tutto chiare, anche se gli ultimi studi sull’argomento hanno permesso di fare un po’ di luce. L’ipotesi che oggi gode di maggiore credito è che il disturbo si sviluppi, anche in assenza di fattori scatenanti, come conseguenza di un’alterazione a livello cerebrale (da qui la definizione di disturbo neurobiologico) influenzata dalla genetica.
Questo spiegherebbe perché l’autismo nei gemelli monozigoti interessa entrambi nel 70% dei casi.
Per quanto riguarda il tipo di alterazione cerebrale, è piuttosto accreditata la teoria che sia rappresentata da un problema relativo ai cosiddetti “neuroni specchio”, cellule specializzate del cervello che governano l’empatia (capacità di comprendere gli stati d’animo dei propri interlocutore) e che, soprattutto nei primi anni di vita, consentono l’apprendimento per imitazione.

9) Smentita la correlazione tra vaccini e autismo
Per la spinosa questione della presunta responsabilità del vaccino MPR (contro morbillo, parotite, rosolia), l’intera Comunità scientifica è concorde nel respingere una simile accusa in quanto nulla è mai stato dimostrato al riguardo. Gli studi effettuati su bambini vaccinati e non vaccinati hanno evidenziato che l’incidenza dell’autismo era la stessa sui due gruppi.
La prestigiosa rivista scientifica The Lancet ha ufficialmente smentito la possibilità che vi sia un collegamento tra autismo e vaccino trivalente, mentre l’altrettanto autorevole British Medical Journal, oltre a decretare l’infondatezza della relazione autismo-vaccinazioni, ha affermato che chi sostiene il contrario sia mosso da pregiudizi ideologici e interessi economici. Per contro il vaccino, in particolare l’anti-morbillo, mette al riparo il bambino dai tutti i rischi connessi allo sviluppo di questa pericolosa malattia.

10) La terapia di riabilitazione favorisce l'autonomia
Almeno fino a ora non è stata scoperta alcuna cura davvero efficace per contrastare l’autismo che è dunque un disturbo che perdura per tutto l’arco della vita. Posto questo, esistono interventi di riabilitazione che possono consentire al bambino di raggiungere un certo livello di autonomia e le cui probabilità di successo sono maggiori se vengono effettuati precocemente. I trattamenti di riabilitazione prevedono sempre il coinvolgimento dei genitori e hanno per obiettivo favorire il più possibile l’autonomia del bambino. Quando in famiglia emerge un simile problema è consigliabile prendere contatto con i servizi di neuropsichiatria infantile della ASL del proprio territorio.
Piangendo ottieni (davvero) quello che vuoi
Anche se ormai non sei più un bambino. Una ricerca indaga l'effetto delle manifestazioni di tristezza sull'interlocutore durante una negoziazione.

"Piangendo non otterrai niente" vi dicevano: ma, studi alla mano, non è poi così vero. Scoppiare in lacrime non migliorerà la vostra situazione... a meno che lo sfogo non avvenga nel bel mezzo di un'importante negoziazione. In quel caso (se giocarvi la dignità davanti all'interlocutore non vi pesa) il pianto potrebbe darvi una mano ad ottenere ciò che desiderate.

È quanto sostiene una nuova ricerca pubblicata sul The Journal of Applied Psychology, secondo la quale le manifestazioni di tristezza servirebbero ad aumentare il "potere di contrattazione" di chi le sfoggia, a patto che riescano a far preoccupare l'interlocutore.

ATTORI NAVIGATI. I ricercatori della ESSEC Business School di Parigi l'hanno verificato studiando le interazioni tra 232 studenti incoraggiati a cimentarsi in una negoziazione con un compagno. Un membro della coppia è stato istruito ad esprimere tristezza davanti al compare. Le ignare "cavie" hanno effettivamente ceduto di più alle richieste di chi piangeva, ma non indiscriminatamente.

FUNZIONA, A PATTO CHE. Il pianto è risultato efficace quando si è verificata almeno una di queste condizioni: quando l'interlocutore ha avvertito nel compagno "piangente" uno scarso potere; quando l'interlocutore aveva in programma di rivedere il soggetto piangente in futuro; quando i due volontari hanno costruito una relazione collaborativa e quando chi assisteva al pianto pensava che non fosse leale incolpare gli altri (e quindi neanche chi piangeva).

In conclusione, piangere a caso non serve. Ma farlo in particolari condizioni, potrebbe aiutarvi a intenerire l'interlocutore. Sempre che sappiate piangere a comando (o che siate sinceri).
Le 3 frasi da non dire mai ad un bambino
Ci sono frasi che ad un bambino non andrebbero mai dette, anche se possono sembraci innocue.

Fare il genitore non è affatto un mestiere semplice. Chi lo ha provato sulla proprio pelle lo sa bene e chi ancora non ne ha avuto un assaggio, l’avrà sentito dire sicuramente. Questa, però non deve essere una scusa dietro cui nascondersi, soprattutto quando si cammina sul terreno scivoloso della comunicazione.

Le cose che diciamo colpiscono sempre profondamente i bambini, sia in positivo che in negativo. I nostri giudizi, infatti, possono influenzare pesantemente la percezione che loro hanno di se stessi e minare o al contrario rafforzare l’autostima. Ecco, allora una piccola carrellata di frasi infelici da cui tenersi alla larga per il bene di tutti:


Come sei stupido/disordinato, lento/ecc.…
I bambini credono ciecamente ai genitori, immaginate l’effetto di una frase simile sulla loro autostima… peseranno di avere davvero quei difetti e di non potersi migliorare. Basterebbe, invece, dire,: “mi piacerebbe che tu fossi più ordinato” ad esempio, in modo da trasmettere il messaggio che lui è in grado di esserlo, se lo vuole.

Non sei capace, lascia fare a me!
Per lo stesso motivo di prima, il bambino crederà davvero di essere un incapace. Una frase come questa lo renderà insicuro e timoroso. Insegnare l’autonomia significa anche accettare che le cose, quanto meno all’inizio, non vengono come noi vorremmo.

Su, è solo una sciocchezza!
Non bisogna mai sminuire o ridicolizzare i dispiaceri dei bambini, anche se possono sembrare di poco conto. State certi che con un’affermazione del genere non solo non si sentiranno compresi, ma probabilmente, un domani non vi racconteranno nemmeno i problemi più seri. La cosa migliore e mettersi al loro livello e consolarli in modo adeguato.